Alì Adnan, primo iracheno in A

18-08-2018 21:15 5 C.

Vi proponiamo un bell’articolo sulla storia calcistica di Alì Adnan. 

Articolo vecchio sì di tre anni, ma che ci fa capire da dove venga il nuovo terzino atalantino. Redatto al momento dell’acquisto del giocatore da parte dell’Udinese dal sito ultimouomo.com

Risultati immagini per ali adnan atalanta

 

 

Nella dottrina islamica sciita duodecimana l’espressione marjaʿ al-taqlīd, traducibile dall’arabo con “fonte di emulazione”, indica un’autorità religiosa che, in virtù della profondità dei suoi studi, ha diritto a esprimere interpretazioni originali della legge religiosa. Un marja, soprattutto, può porsi come esempio di “comportamento retto” per tutti i suoi seguaci, che sono invitati a imitarne il più possibile il modo di stare al mondo. Ogni musulmano sciita di rito duodecimano—oggi prevalenti in Iran, Iraq e Bahrein—sceglie di norma un proprio “marja”, a cui ispirarsi nei propri comportamenti quotidiani.

 

Come accade in quasi tutte le conferenze stampa di presentazione di un calciatore non molto conosciuto presso il nuovo pubblico, a un certo punto un giornalista spende la domanda di rito: «A chi ti ispiri in campo, chi è il tuo modello di riferimento?». Un quesito leggero, persino banale, ma potenzialmente utile a capire sia la dimensione mentale entro la quale vive il giocatore—la consistenza delle sue aspirazioni, la percezione dei propri punti di forza—che le sue attitudini tecnico-tattiche.

 

Questa domanda protocollare trova risposte diverse, ma capita sempre più spesso che i giocatori la aggirino come si fa con quelle scomode. Si rifugiano in quella che vorrebbero fosse recepita come una duplice, quanto paradossale, ostentazione di modestia e autostima: «Non credo di somigliare a nessuno, ognuno ha le sue caratteristiche, io sono me stesso e basta». Lo si fa un po’ per svincolarsi inconsciamente dalla possibilità di uscire sconfitto, nel tempo, dal confronto col proprio modello, un po’ per dissipare quell’alone di timidezza che un giocatore si porta dietro durante una conferenza stampa in una nuova squadra, e magari in un nuovo Paese.

ali iraq

Ali Adnan Kadhim Nassir al-Thameemi, primo calciatore iracheno a giocare in Serie A e terzo musulmano sciita dopo il centrale difensivo iraniano Rahman Rezaei (7 anni tra Perugia, Messina e Livorno) e l’attaccante iraniano Ali Samereh (6 presenze nell’annata 2000/2001 al Perugia), durante la conferenza stampa di presentazione all’Udinese dello scorso 3 luglio aspetta solo per educazione la fine della traduzione della domanda su chi sia il suo modello calcistico—o il suo marja in campo—e risponde con urgenza: «Roberto Carlos». Senza indecisioni. Dall’audio del filmato non si sente cosa aggiunge l’interprete in risposta ma Ali, come fosse a un esame, ripete con più convinzione: «Si, Roberto Carlos. Un giocatore di livello internazionale. Per questo è il mio esempio come giocatore».

Lo dice con il tono di chi Roberto Carlos se lo sia portato direttamente da casa, come a voler esibire una credenziale a una giuria che è indecisa se bocciarlo o meno. Poi, come a voler convincere i presenti della serietà del suo proposito di ricalcare in qualche modo le orme di Roberto Carlos, aggiunge di aver segnato un gol simile a quello che ha reso celebre l’ex terzino di Inter e Real Madrid contro la Francia.

 

È il 13 settembre 2013 e a Rize, in Turchia, si gioca Caykur Rizespor-Gaziantepspor. C’è una punizione per i padroni di casa da circa 35 metri e sul pallone ci va Ali. A differenza di quello calciato da Roberto Carlos il pallone colpito da Ali Adnan non vira accelerando come un caccia che punta un incrociatore nell’Oceano Pacifico, ma fluttua immobile come un drone fino alla porta, senza cambiare così nettamente traiettoria, ma variando velocità senza preavviso.

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Quello di Ali Adnan, che si insacca a mezza altezza sul primo palo, rimbalzando sulla rete come fosse un muro di gomma, e senza che il portiere appaia particolarmente colpevole, sembra l’evoluzione del tiro di Roberto Carlos, che al tempo del primo pallone della nuova generazione, il Fevernova, andava già per i 30 anni.

 

Crescere e giocare in Iraq

Quarto di cinque fratelli e tre sorelle, Ali Adnan (nato 20 anni dopo il suo “marja calcistico” Roberto Carlos, nel dicembre del 1993) è cresciuto nel grande distretto di Adhamiyah, circa 350.000 abitanti, nell’area nord-orientale di Baghdad. Adhamiya prende il nome da Abū Ḥanīfa an-Nuʿmān, conosciuto come “il Grande Imam” (al-imām al-a’dham, da cui Adhamiya), che è il fondatore di una delle quattro principali scuole giuridiche dell’islam sunnita, quella appunto hanafita.

 

La moschea di Abu Hanifa è quindi una delle più celebri del Paese e il centro vitale del quartiere, che durante gli anni di Saddam Hussein ospita sopratutto i membri di quello che potremmo definire un ceto medio intellettuale. Vi abitano soprattutto musulmani sunniti, all’interno di una macro-area cittadina a maggioranza sciita.

 

Adhamiya lambisce la sponda orientale del fiume Tigri, che lo separa dal suo “quartiere-ombra”, Kadhimiya, che specularmente prende il nome dall’Imam sciita Mûsâ ibn Ja‘far al-Kâdhim, sepolto in una tomba all’interno della moschea a lui intitolata. Kadhimiya è, come si può immaginare, un quartiere a grande maggioranza sciita, che visse i suoi 5 minuti di celebrità internazionale per il fatto di ospitare Camp al-Adala, la base militare americana dove il 30 dicembre 2006 fu giustiziato Saddam Hussein. Entrambi i quartieri sono al centro delle ostilità quando a Baghdad inizia la guerra, visto che alle tensioni tra sunniti e sciiti si aggiunge lo scontro tra truppe statunitensi—stanziate ad Adhamiya—e truppe irachene di vario genere.

 

Nel 2005, quando la coalizione guidata dagli Stati Uniti aveva già invaso l’Iraq da due anni nell’operazione Enduring freedom, Ali deve ancora compiere 12 anni. Si può quindi immaginare, supporre, ricostruendo le tappe del suo percorso calcistico, che il 31 agosto del 2005 Ali fosse nel suo quartiere, magari nella zona meridionale di al Shaab, a sud del distretto, quella dove sorge lo stadio nazionale al Shaab e di fronte al quale c’è la scuola calcio in cui ha mosso i primi passi dal 2003 al 2008: l’Accademia, fondata nel 2001, di Ammo Baba, all’anagrafe Emmanuel Baba Dawud, una leggenda del calcio iracheno.

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Oltre i “marja”

Con il suo modello dichiarato, Roberto Carlos, Ali Adnan non ha molto in comune. Ci sono quasi 20 cm di differenza (Adnan è alto 186 cm), la provenienza da due culture differenti e, al netto del gioco, due modi diversi di interpretare il ruolo.

Roberto Carlos, da brasiliano, ricercava il fraseggio palla a terra, necessario ad acquisire ritmo. Un giocatore associativo, che disponeva di un’arma impropria sui calci da fermo e che era in grado di andare sul fondo con regolarità grazie a una esplosività fuori dal comune, abbinata a un’ottima velocità di base.

 

Ali Adnan, che già a 19 anni nel campionato iracheno era fuori categoria, gioca un calcio più verticale, rischioso. Accetta volentieri l’isolamento sul lato debole per creare i presupposti migliori per l’uno contro uno. Dotato di un controllo in corsa già in grado di indurre al temporeggiamento il difensore, Ali si sposta il pallone per entrare a testa bassa nelle linee nemiche sia esternamente che internamente.

 

Palla a terra non ha molte soluzioni di passaggio: Ali consegna la palla al difensore o alla mezzala di riferimento il più delle volte da vicino, per farsela ridare in corsa, e fatica ancora a capire i momenti in cui congelare il possesso. Quando rischia il passaggio, sbaglia spesso: nell’Udinese è penultimo per percentuale di passaggi riusciti davanti al solo Karnezis.

Un giornale turco nel 2013 lo soprannomina “il Gareth Bale d’Asia”. È un paragone, per quanto esagerato, più calzante rispetto a quello con Roberto Carlos, perché la struttura fisica di Ali ricorda molto quella del gallese. Sono simili anche le capacità aerobiche, la velocità negli spazi ampi, la tecnica nel dribbling, eccezionale specie per un terzino, e la facilità di calcio.

 

Quasi per default, a un terzino proveniente da luoghi esotici e di cui si conoscono solo giocate d’attacco, si tende a imputare una scarsa attenzione difensiva. Un giudizio che non sembra tenere conto di alcune sue prestazioni: l’iracheno sembra invece avere una predisposizione—maggiore di Bale—difensiva, nel senso di una libido anche nel compiere gesti difensivi, come un recupero in campo aperto.

 

La scalata al calcio globale

Ali Adnan si è segnalato definitivamente agli operatori di mercato internazionali nell’estate 2013, durante i campionati mondiali di calcio Under-20 disputati proprio in Turchia. Il suo Iraq si piazza primo nel girone con Cile, Inghilterra e Egitto, batte Paraguay agli ottavi e Sud Corea ai quarti ed esce in semifinale con l’Uruguay ai rigori, perdendo poi la finalina con il Ghana.

Alla prima partita il 23 giugno ad Antalya c’è proprio la squadra di Ross Barkley, James Ward-Prowse e Harry Kane. L’Inghilterra nei primi 15 minuti crea 3 palle da gol nitide: sull’ultima di queste tre, al 12′, Lundstram riceve addosso dal limite dell’area un passaggio verticale da 15 metri e gioca di prima, giratosi nel frattempo in posizione perpendicolare alla porta, un’imbucata per Luke Williams. L’attuale attaccante dello Scunthorpe United fa teoricamente tutto bene: lascia scorrere la palla fino al sinistro, che non è il suo piede, ma è quello adatto per l’effetto inerziale della palla, e tira a incrociare rasoterra a botta sicura dal vertice sinistro dell’area piccola, facendola passare sotto le gambe del portiere in uscita.

ali tackle Kane (1)

A quel punto però si materializza Adnan, che segue l’azione indietreggiando e salva con il destro sulla linea la conclusione del biondo attaccante inglese. Al 40′ una sua diagonale difensiva finisce con un miracoloso intervento in tackle su Harry Kane lanciato a rete, la cui conclusione finisce sopra la traversa. L’Inghilterra va però in vantaggio con Coady sugli sviluppi del calcio d’angolo seguente. Al 6′ minuto del secondo tempo Williams raddoppia, appoggiando da due passi un cross proveniente da destra: proprio la fascia lasciata sguarnita da Ali, che nell’inquadratura del gol non si vede nemmeno, tanto è rimasto alto.

In questa occasione si intuisce il suo principale difetto in fase difensiva, che è quello di dimenticarsi a volte di essere un terzino e credere—appunto—di essere (già?) un’ala, da cui ne consegue una scarsa abilità nello scegliere i tempi dell’intervento.

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