RosaSpina

14-08-2017 01:15 59 C.

Consigliatoci da tanti riportiamo un articolo relativo alla vicenda Spinazzola comparso sul cartaceo della Gazzetta dello Sport in data 12 agosto (l’altro ieri). Impossibilitati a farlo prima per questioni di copyright. La firma è quella di Luigi Garlando.

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La rivisitazione moderna della «fuitina» di sicula memoria è un calciatore che fugge dal suo club o sparisce per forzare l’unione con una nuova società. È la moda del momento. Ieri Spinazzola, che vuole anticipare il ritorno alla Juve, non si è presentato alla partenza dell’Atalanta per Valencia, mentre Kondogbia, che punta proprio Valencia, non si è fatto vedere alia Pinetina. Nei giorni scorsi Dembélé, che sogna Barcellona, era sparito dai radar di Dortmund. Coutinho per ora non scappa, ma ha mandato a dire al Liverpool che vuole andarsene pure lui al Camp Nou.

Una rivisitazione triste, diciamolo, perché alla base della versione originale c’era quasi sempre il sentimento d’amore di due ragazzi ostacolato dalle famiglie, qui molto spesso c’è l’amore dei ragazzi (e dei relativi manager} per un contesto più ricco a dispetto degli impegni presi.

Ammettiamo pure che il fascino della Signora abbia fatto perdere la testa a Spinazzola, ma cosa deve fare una società come l’Atalanta per tutelare i propri diritti e i propri interessi? Come può programmare una stagione non banale, quella del suo storico ritorno in Europa, se Gasperini scrive alla lavagna la formazione con Conti sulla fascia destra e Spìnazzola su quella sinistra e poi il primo viene a dire «Mister, io vado al Milan» e il secondo «Mister, io vado alla Juve» pur essendo entrambi vincolati da contratti all’Atalanta?

E cosa deve fare con Kondogbia l’Inter che, come ricorda Spalletti, non ha pagato «due lire» il francese e ha la legittima pretesa di ammortizzarlo con prestazioni o rivendita, se Goffredo non sì presenta al lavoro e pretende di andare dove e come vuole lui? Quest’estate ha consacrato la supremazia del giocatore e degli agenti sui contratti sui club. In Italia e altrove. È stata l’estate folle di Neymar. Neppure il Barcellona dei nababbi può trattenere le stelle migliori. Il calciatore va dove vuole. Gli ammutinati hanno preso il timone delle navi. O si rivedono le regole o, come dice Monchi, «si rischia di uccidere la gallina dalle uova d’oro».

Ma non è solo un problema burocratico. La tristezza per la nuova fuitina è soprattutto umana e viene dall’impermeabilità di tanti giovani calciatori a sentimenti nobili come la riconoscenza, l’orgoglio di rappresentanza, l’amor proprio. I ragazzi che non hanno ancora il disincanto di vecchi guerrieri alla Ibra, nè il cuore corazzato dalle amarezze, dovrebbero essere i più predisposti all’ideale.

Se l’Atalanta che ti ha allevato da quando eri un pulcino (Conti) o ti ha fatto diventare un giocatore di livello Internazionale (Spinazzola) ti chiede un anno di pazienza e di onorare i! contratto per vivere nel modo migliore la stagione europea che il popolo bergamasco aspetta con emozione, dovrebbe scattare automatico il sì, per dovere e piacere di riconoscenza. Milan e Juve non scappano, le prospettive di una bella carriera neppure. Con modalità di trasferimento programmate e condivise alla Caldara ci guadagnano tutti. Scirea non avrebbe mai ricattato l’Atalanta per andare alla Juve, nè quella Juve gliel’avrebbe mai consentito. Altri tempi. Oggi domina sovrana la convinzione che solo l’utile coincida con la felicità e che il giusto, la coerenza e la riconoscenza siano debolezza da mediocri. E invece, nei tempi morti dei ritiri, Spinnzzola si faccia raccontare da Gigi Buffon quanto lo abbia fatto felice e umanamente ricco nel 2006 aver rinunciato a monetizzare il momento più alto della sua carriera per accompagnare la sua Juventus in B. Si vive per questi gesti di amore, di gratitudine che rendono ancora più intense le vittorie successive. E trasformano le figurine in uomini di carne e di cuore.

Le analoghe rinunce a prospettive più remunerate di miti come Gigi Riva c Francesco Totti, perfino gli antichi tormenti di un Virdis mettono nostalgia in questa estate di ammutinati disinvolti. In quest’estate abbiamo visto anche Marco Verratti tessere la fuitina a Barcellona d’intesa con il suo procuratore. Quando il piano è incappato nelle ire orgogliose dell’emiro Al-Thani e si è capito che il vero paese dei balocchi stava a Parigi (Neymar compreso) , Verratti ha gettato a mare l’amico procuratore che l’ha inventato campione e gli ha riempito le tasche con pluririnnovi e si è imbarcato sulla corazzata di Raiola, l’agente di Donnammma. Il lieto fine e le prime belle parate hanno addolcito (in parte) la curva rossonerà ma tanti non dimenticano che Gigio all’inizio della trattativa, ha rifiutato un rinnovo da 3,5 milioni, non ha ritenuto di dover dire subito sì, per riconoscenza, al club che in un anno lo ha messo al mondo come fenomeno internazionale e che gli moltiplicava comunque lo stipendio, Nell’estenuante surplace della trattativa anche lui ha considerato l’ipotesi della fuga, poi rientrata. Non stiamo parlando di bad boy, Balotelli non c’entra. Cassano – Verona è un’altra storia.

Conti, Spinazzola, Verratti, Donnarummna sono bravi ragazzi. La loro gelida determinazione non è l’eccezione, ma la regola nuova. E forse lo diventerà la fuitina triste dei giovani senza amore.

 

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By Staff di Atalantini.com


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