Rafael tra i difensori più sottovalutati della Serie A

20-04-2018 09:09 9 C.

Risultati immagini per toloi atalantaL’arte difensiva è spesso tra le più sottovalutate, ecco i difensori che ce lo ricordano.

Il talento difensivo, seguendo la formula di Piero Calamandrei sulla libertà, è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. Prendiamo il Benevento: gioca una partita di grande personalità in trasferta a San Siro contro l’Inter, in cui concede soltanto due tiri all’interno dell’area di rigore, per di più due colpi di testa, conclusioni a basso indice di trasformazione. Ma tanto basta per perdere 2-0. In questa stagione, il Benevento detiene il primato per i gol di testa concessi, ben 15, uno di questi segnato da Benali, 168 centimetri per 66 chili di leggiadra inconsistenza. È difficile tracciare una linea di merito, o demerito che sia, tra collettivo e singoli giocatori per quanto riguarda l’efficacia difensiva: una grande giocata di un difensore è tendenzialmente meno visibile rispetto a quella di un attaccante, anzitutto perché può anche essere eseguita non direttamente sulla palla, come un fuorigioco applicato coi tempi giusti, o un accenno di pressione che induce all’errore, o magari perché, più banalmente, viene tagliata fuori dagli highlights, quindi conserva un’influenza minore nella memoria collettiva. Le statistiche difensive, com’è noto, rendono meno di quelle offensive. Non ci sono indici come gli xG e gli xA per gli attaccanti e i centrocampisti più creativi, e i dati grezzi sono influenzati dai volumi, per cui i difensori delle piccole squadre avranno necessariamente più intercetti e contrasti di quelli delle grandi squadre. Anche le percentuali di riuscita, essendo avulse dall’esito dell’azione, e a loro volta influenzate dai volumi, non aiutano molto. Insomma, i numeri consentono di vedere le eccellenze ed effettuare confronti interessanti, tra difensori della stessa squadra, o tra tipologie di difensori diverse, ma richiedono sempre una stretta contestualizzazione.

La sintesi è che è difficile valutare i difensori.

Ma la lezione che possiamo trarne è anche che, esattamente per gli stessi motivi, ce ne sono molti che rischiano di venire sottovalutati. Tra le pagine del nostro campionato si nascondono specie di difensori che meritano di essere apprezzate nella loro unicità, per capire in quante forme possa presentarsi il talento difensivo.

Rafael Tolói, o dell’importanza del contesto

Tutto quello che rende Tolói un difensore speciale era già ben visibile ai tempi del San Paolo: l’attenzione rivolta sempre verso la palla, l’aggressività dei contrasti, la ricerca ossessiva dell’anticipo, l’ostinazione a portare l’azione in avanti.  Quest’anno Tolói è il secondo difensore del campionato, con ampio margine sul terzo, nella somma di contrasti vinti e intercetti (5.1 in media ogni 90’ – il primo è Ajeti, che è però condizionato favorevolmente dal fatto che ha giocato la metà dei minuti di Tolói).

Per questa statistica, così come per tutte le seguenti, si tiene conto dei difensori con almeno 1000 minuti giocati in questa stagione. Nella classifica dei palloni intercettati, Tolói si posiziona settimo (2.4 p90), un paio di gradini sopra Benatia, il giocatore che avrebbe dovuto sostituire all’occorrenza quando Sabatini lo portò per la prima volta in Italia.

Quando arriva a Roma, in prestito dal San Paolo, Tolói «ha 24 anni ma è imbolsito come se ne avesse 34». È un giocatore simile a Benatia ma non è rapido, né elegante o forte fisicamente come Benatia. Dopo sei mesi in cui fatica a vedere il campo, la Roma preferisce risparmiarsi i 5,5 milioni del riscatto. Un anno dopo l’Atalanta lo rileva per una cifra inferiore, intorno ai 3,5 milioni.

Reja ne nota subito le «grandi qualità», ma dice anche che «dovrebbe mantenere per più tempo la concentrazione». Al centro della difesa a quattro, in una squadra dalla forte vocazione contropiedista, gli preferisce inizialmente il più roccioso Stendardo.

Nelle prime giornate, Tolói raccoglie qualche presenza da terzino, commette gravi leggerezze, si dispera con le mani sulla faccia, fatica ad allontanare lo stereotipo del centrale brasiliano lento e svagato. Reja lo bastona: «È abituato ai ritmi blandi del Brasile, dove si può sbagliare. Ecco, qui no».

Gasperini arriva a Bergamo e se lo ritrova per caso. Il primo giorno di allenamenti lo prova sul centro-destra, con Caldara al centro e Masiello sul centro-sinistra, e l’assortimento mostra da subito segnali incoraggianti: oggi sappiamo che, due anni dopo, quella sarebbe diventata la difesa titolare di una delle squadre più sorprendenti del campionato.

Dopo appena tre settimane di ritiro, Tolói sembra sinceramente esaltato: racconta che sta provando «nuovi stimoli e metodi di lavoro», che gli piace «uscire con il pallone tra i piedi, aiutare la squadra in fase offensiva», che gli è stato chiesto di «pressare forte senza lasciar giocare gli avversari».

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Contro l’Inter, ad esempio, ha giocato 62 passaggi in totale, quasi tutti in avanti (41) e con una precisione “da centrocampista” superiore all’80%.

Tolói è un difensore in continuo movimento: se un attaccante si muove per ricevere spalle alla porta, lo tallona per prendere contatto, sporcargli il primo controllo, portarlo fuori equilibrio. Il suo stile difensivo è rischioso, ma si incastra così bene nei princìpi di Gasperini che si fa fatica a credere che sia stato quest’ultimo a raggiungere il primo, e non viceversa.

La fluidità con cui interpreta fase offensiva e difensiva è probabilmente il suo pregio più riconoscibile, ed è difficile quantificare in quale delle due fasi rivesta una maggiore influenza.

Tra i difensori del campionato, Tolói è secondo per dribbling tentati (1 p90, con il 79% di successo), primo per passaggi chiave (0.5 p90), e dodicesimo per passaggi tentati (58.5 p90), con una precisione (81%) molto inferiore rispetto alla media del ruolo, perché raramente rinuncia a giocare il pallone in verticale, quando ne ha occasione.

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La heatmap di Tolói a confronto con quella di un altro difensore stabilmente impiegato sul centro-destra di una difesa a 3, eppure quasi ininfluente nella metà campo avversaria (via Wyscout).

Come dimostra il complicato processo di ambientamento di Tolói, il talento difensivo ha bisogno del contesto adatto per emergere, in misura maggiore rispetto al talento offensivo.

Quando giocava al centro di una difesa a quattro, quella tendenza a uscire dalla linea liberava spazi pericolosi, restituendoci il profilo di un difensore anarchico e con scarse capacità di lettura. Al contrario, nella difesa a tre di Gasperini può permettersi di fare quello che più gli piace fare, circondato da compagni che sanno esattamente cosa aspettarsi da lui, all’interno di un sistema che da quei rischi trae soprattutto benefici.

fonte ultimouomo.com

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By marcodalmen


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