4 anni senza FAVINI. Ns intervista esclusiva ad uno dei suoi ex ragazzi.

23-04-2023 05:00 16 C.

Ricorre oggi il quarto anniversario dalla morte dei uno degli artefici delle fortune di Zingonia, il maestro Mino Favini. Abbiamo deciso di raccontare l’uomo e professionista, visto con gli occhi di uno dei tanti ragazzi forgiati prima come uomini e poi come calciatori, dall’indimenticato dirigente.
Abbiamo incontrato Luca Cavalli, classe 1978 che ha fatto tutta la trafila nelle giovanili arrivando anche ad esordire con l’Atalanta in serie A contro la Juventus il 20/01/2002 nell’Atalanta di mister Vavassori.
Ruolo importante di centrocampista per Luca che però, a causa dei ripetuti infortuni, non ha potuto esplodere come le prospettive promettevano e una volta appese le scarpe al chiodo, è diventato uno degli allenatori di squadre giovanili tra i più ricercati in provincia. Attualmente alla guida della formazione Under 15 élite della Virtus Ciserano Bergamo, non perde occasione di trasmettere ai suoi ragazzi gli insegnamenti del maestro Mino e lo ricorda sempre volentieri con grande affetto.

Mister Cavalli, siamo già al quarto anno senza l’indimenticato talent scout e dirigente Mino, ci racconti l’uomo e il suo rapporto con voi giovani dell’Atalanta.

Il signor Favini era un fuoriclasse nello scovare talenti. Li riconosceva ad ogni età e quando i ragazzi arrivavano a 15 anni aveva la certezza di sapere l’esatta categoria in cui sarebbero arrivati. Ricordo che era solito tenere una lista di giocatori, più di un centinaio, dove annotava il nome del ragazzo e la categoria in cui avrebbe potuto giocare una volta diventato adulto. Rivedendo questa lista riscontrammo che tutti i giocatori, che lui aveva segnato che sarebbero arrivati in serie A, lo fecero.

Aveva questa straordinaria dote di vedere prima degli altri e più degli altri, quanto e come un giocatore sarebbe potuto crescere.

Quali valori vi ha trasmesso?

Negli anni in cui era all’Atalanta, il signor Mino Favini era un uomo che insegnava dei valori, lui ci trasmetteva tante cose e i comportamenti per lui erano fondamentali.

Innanzitutto voleva sportività e rispetto verso i tecnici, tra noi calciatori, verso gli avversari, gli arbitri e non solo, anche verso le strutture, i materiali che avevamo a disposizione. Questi principi cementavano il senso di appartenenza che era tipico e forte nelle squadre giovanili dell’Atalanta, si giocava per i compagni, per la maglia, la vittoria per il sig. Mino era solo la conseguenza di un certo tipo di percorso che vedeva al centro il gioco e passava dall’impegno e dai comportamenti.

A distanza di anni, quando ci incontriamo tra ex compagni, i più bei ricordi sono quelli del settore giovanile.

L’Atalanta è stata per noi una scuola di vita e tutti, pur cambiando squadra rimanevano legati ai compagni ed alla maglia, questo affiatamento non si percepiva invece nelle altre, comunque forti, squadre: Inter, Milan e tutte quelle che incontravamo e faceva la differenza tra Zingonia e gli altri settori giovanili.

Cosa rimane dei suoi insegnamenti?

Del sig. Mino mi è rimasta la cultura di voler insegnare. La cultura di voler curare in ogni aspetto, il singolo giocatore e di non dover per forza rincorrere il risultato se non assolutamente attraverso un’idea di calcio, una cultura di gioco.

Lui aveva sempre in mente l’idea di raggiungere il risultato solo attraverso la qualità del gioco che necessariamente passa dalla crescita tecnica e atletica dei calciatori.

Quando entrò in vigore la nuova norma sul retropassaggio coi piedi al portiere lui voleva a tutti i costi che il portiere diventasse come tutti gli altri giocatori, bravo tecnicamente.

Venivano poi scelti anche giovani, come nel mio caso, con struttura fisica non importante, magari un po’ più indietro fisicamente ma che potessero crescere tecnicamente. Come oggi, il fisico può fare la differenza tra i giovani ed al momento, far vincere partite e campionati, ma nell’Atalanta la cosa più importante non era vincere bensì formare giocatori. Nonostante i tanti proclami, non ho più visto nessuno ,come l’Atalanta di quel periodo, pensare solo alla crescita dei giocatori e non al risultato.

Una volta rividi il sig. Favini, durante una partita della primavera contro il Milan, era con Finardi e ricordarono una partita dove Finardi aveva schierato ragazzini di due anni più piccoli degli avversari, fu una disfatta senza nemmeno un tiro in porta ma Favini si ricordava che avevo fatto 30 passaggi consecutivi tutti giusti e per lui questo era stato il vero successo e l’insegnamento di quella gara: il gioco e la qualità erano le cose più importanti.

Ricorda cosa disse dopo il tuo esordio?

La settimana dopo l’esordio non mi disse nulla di particolare, nel senso che mi fece i complimenti per la buona partita che secondo lui avevo fatto,  perché che fosse l’esordio o meno per lui non faceva differenza, era sempre prodigo di consigli da darti su qualcosa che aveva visto in campo, su qualcosa che potevi perfezionare, sulla cura di qualsiasi aspetto che potesse continuare a farti crescere e a migliorare. Quindi non mi ricordo complimenti veri e propri bensì i consigli.

Come si relazionava coi ragazzi?

Con noi era come un padre di famiglia. Questa è la vera definizione. Ci seguiva, ci dava attenzioni, ci consigliava e lo faceva come un padre di famiglia. Ricordo anche quando, nei momenti in precoce età, quattordici, quindici, sedici anni arrivavano i procuratori, lui cercava sempre di farci capire chi erano le persone che volevano veramente bene a te come giocatore e cioè: lui, gli allenatori, i nostri genitori, facendoci capire di chi ci dovevamo fidare e le figure che invece avevano solo un interesse economico. Cercava di tenerci a distanza dai procuratori, ci aiutava e consigliava anche su come muoverci. Poi quasi tutti, il procuratore lo prendemmo, ma ai diciott’anni, quando inevitabilmente dovevamo passare attraverso loro per i primi contratti.

Quale era il giocatore della primavera più forte secondo te?

Il giocatore più forte del nostro gruppo è stato Piergiorgio Regonesi, che fece tutte le nazionali giovanili e fu comprato per una cifra importante dalla Juventus, pagò però lo scotto di questo forte impatto con i grandi del calcio. Ebbe la fortuna di ripartire dalla C con l’Albinoleffe e fece comunque una buona carriera giocando parecchi anni in B, ma per potenziale a detta anche degli allenatori che lo hanno avuto era quello che aveva la possibilità di giocare ad alti livelli.

Quali furono i giocatori che ebbero fortuna del tuo gruppo? Vi sentite ancora?

I ragazzi che ebbero “fortuna” anche se di fortuna non si tratta ma di bravura, e meritatamente fecero un percorso importante furono tanti. Più di metà squadra arrivò in serie A e se si paragona ad adesso, dove dalla primavera, ne arrivano uno o due a fatica, erano numeri folli. Io fui sfortunato per alcuni gravi infortuni ma con me c’erano i gemelli Zenoni, Lorenzi, Mutarelli, Regonesi, Rossini, Pellicioli, Dalla Bona, Natali, Pinardi, Bellini, Carobbio, Donati, Zauri.

Proprio la carriera di Zauri è legata ad un’intuizione di Favini. Luciano, quando aveva circa 12 anni fu preso dal Pescina e non fece il primo anno ai livelli che ci si aspettava, si pensava già che sarebbe tornato alla sua società, ma nell’ultima partita di un torneo Favini intravide le qualità del giocatore e comprese che doveva formarlo caratterialmente, così da trequartista/attaccante, passò a fare il difensore centrale, nonostante le caratteristiche fisiche non fossero adatte al ruolo. In questo modo Zauri imparò a fare tutti i ruoli, mise nel suo bagaglio culturale tante nozioni e diventò un giocatore completo ed eclettico, adatto al calcio moderno, poteva coprire il ruolo di difensore, terzino, mediano, centrocampista, ala e gli allenatori lo apprezzarono. Fece oltre 300 partite in A e venne convocato 12 volte in nazionale, giocò in Champions League ed Europa League. Questo è uno degli esempi di come nel settore giovanile dell’Atalanta, la vera vittoria era valorizzare i giovani calciatori.

Esistono ancora nel calcio moderno i valori di quel periodo?

Bella domanda. Non intravedo gli stessi valori, oggi nei settori giovanili credo che, purtroppo, la cosa più importante sia diventata vincere puntando su ragazzi più strutturati. Ricordo che già quando eravamo nei giovanissimi, l’Inter puntava su giocatori con miglior fisico. Perdevamo le partite perché sui calci d’angolo erano più alti o avevano il tiro da lontano più potente ma la partita la facevamo noi, così negli anni successivi iniziavamo a vincere noi le partite ed i campionati. Del nostro gruppo del ’78, ripeto quasi tutti arrivarono in A o al professionismo mentre del gruppo dell’Inter che ci batteva a quattordici anni il giocatore che fece la miglior carriera si chiamava Riboni ed arrivò a giocare in serie C.

Oggi mi sembra di vedere in tutte le squadre giovanili quell’Inter, con la palla sempre in aria verso il centroavanti fisico e questo fa male al calcio d’oggi, fa male al calcio italiano, è una cultura che ci portiamo dietro e sfocia anche nelle difficoltà della nazionale che fa fatica a trovare giocatori tecnici che dribblano, perché c’è la predisposizione fin da piccoli a pensare al risultato senza preoccuparsi di come lo si ottiene.

Come sta andando la vostra stagione?

Stiamo andando bene, siamo felici, a me piace allenare, nel momento in cui vedo miglioramenti, vedo crescere gruppi coesi, con ragazzi che lottano uno per l’altro con tanta amicizia, tanta serietà e divertimento e provano a portare avanti un’idea di calcio e di gioco, è la soddisfazione più grande. Il calcio lo amiamo perché è sempre gioia, ci possono essere momenti di difficoltà perché ogni anno ci sono ragazzi nuovi, ognuno col proprio carattere, personalità e il proprio trascorso, bisogna quindi cercare di essere attenti e fare un lavoro psicologico, cercare empatia per relazionarci a loro. Al giorno d’oggi interferiscono anche i social che tolgono attenzione ma soprattutto li rendono più sedentari e meno attivi, con conseguenze sulla coordinazione, sulla resistenza sull’aspetto atletico.

Domani (24/4) si giocherà Atalanta Roma, snodo fondamentale per l’Europa, ci fa un pronostico?

Non è facile perché quando c’è di mezzo il cuore, fare pronostici è sempre complicato; pur sapendo che l’Atalanta gioca contro una grande squadra sono fiducioso, convinto che farà una bella partita come ha fatto in passato. Sono convinto che il gioco di Gasperini possa mettere in difficoltà i giallorossi quindi il mio pronostico è per una vittoria dell’Atalanta seppur sofferta.

Abbiamo scelto di rivolgere questa intervista a Luca Cavalli perché dalle sue parole traspare, l’ammirazione e l’affetto che, l’allora fanciullo, nutriva per una persona, che per noi tifosi ormai è un MITO, al quale attribuiamo decenni di fortune della Dea, ma che aveva un rapporto umano, schietto, semplice e speciale con tutti i suoi ragazzi.
Non resta che ringraziare Luca e augurargli le migliori fortune per la sua attività di allenatore sempre nel solco degli insegnamenti del Grande Mino.

(Meda, 2 febbraio 1936 – Meda, 23 aprile 2019)

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By Cuginus


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paolo_trei
paolo_trei
23 Aprile 2023 23:10

Mino Favini unico e i inimitabile.
C’è solo un nome che potrebbe cercare di seguirne le orme: Giancarlo Finardi

TREINEROBLU
TREINEROBLU
23 Aprile 2023 20:30

Mi fanno ridere coloro che parlano di intelligenza artificiale applicata al calcio.

Io preferisco l’intelligenza di Uomini come Mino.

dagliStates
dagliStates
23 Aprile 2023 17:13

Bellissima intervista che, con semplicità, fa capire perché il calcio italiano oggi – Atalanta a parte – mi interessa sempre meno. Almeno una parte delle ragioni (privilegiare il risultato a prescindere da come si ottiene). Le altre fanno rima con Irrati.

crazyhorse200
crazyhorse200
23 Aprile 2023 14:40

Bravissino cuginus ,grande pezzo .

Lui aveva sempre in mente l’idea di raggiungere il risultato solo attraverso la qualità del gioco che necessariamente passa dalla crescita tecnica e atletica dei calciatori.

Venivano poi scelti anche giovani, come nel mio caso, con struttura fisica non importante, magari un po’ più indietro fisicamente ma che potessero crescere tecnicamente. Come oggi, il fisico può fare la differenza tra i giovani ed al momento, far vincere partite e campionati, ma nell’Atalanta la cosa più importante non era vincere bensì formare giocatori.

DETTO TUTTO .

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fubal64
fubal64
23 Aprile 2023 16:47
Reply to  crazyhorse200

🍻

moreto
moreto
23 Aprile 2023 20:47
Reply to  crazyhorse200

👏👏👏

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maskete72
maskete72
23 Aprile 2023 13:58

🖤💙🙏 GRAZIE DI TUTTO MAESTRO 🙏🖤💙

Bono
Bono
23 Aprile 2023 12:08

Solo come si rivolge dando ancora del Lei a Favini, dopo tanti anni dalla sua personale esperienza, fa capire che istituzione fosse. Da brividi l’aneddoto sulla lista delle future categorie ai 15 enni.
Gli saremo sempre riconoscenti ed è un’eredità potente quello che ha lasciato nei suoi allievi.

95Frank
95Frank
23 Aprile 2023 12:22
Reply to  Bono

Vero.

Usa il “Lei” e lo chiama “Sig Favini”.

Bella Intervista.

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beppuccio
beppuccio
23 Aprile 2023 09:16

Complimenti a Luca,bella intervista con tanti ricordi di quegli anni.Ottimo centrocampista,fermato purtroppo da tanti piccoli e grandi infortuni.Spero di salutarlo sui campi della nostra Provincia,visto che allena alla Virtus.Giusto il ricordo al maestro Favini.Se siamo arrivati così in alto,tanto merito è anche suo.👋🏻🇪🇪

Rudolf76
Rudolf76
23 Aprile 2023 08:54

Onore a Mino Favini 🖤💙🖤💙

95Frank
95Frank
23 Aprile 2023 08:50

Mino Favini veramente un “grande”, sotto tutti i punti di vista.

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moreto
moreto
23 Aprile 2023 13:10
Reply to  95Frank

Quando si dice “ un signore “ ,spesso si spreca il sostantivo !
Xchè la signorilità è prerogativa di pochi “ grandi” uomini come giustamente dici tu FRANK !
La sensazione è , purtroppo , che il filone d’oro iniziato con il suo sapiente ,capace,paziente e lungimirante operato sia esaurito ..

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95Frank
95Frank
23 Aprile 2023 13:40
Reply to  moreto

Certo che trovare un altro Mino Favini non sara’ facile.

Ma, partendo dal vertice societario (che, negli ultimi 14 mesi sembra aver dato l’impressione di una “palude decisionale”, e ristrutturando un organico che, onestamente, non mi sembra sia stato un esempio di efficienza in questo periodo di transizione, si possono ottenere buoni risultati, mettendo uomini giusti ai posti giusii.

Da li’, si dovra’ poi (immediatamente) pensare alla prima squadra e al settore giovanile.

L’importante e’ che il Presidente Percassi riprenda al piu’ presto il timone.

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giamma63
giamma63
23 Aprile 2023 15:53
Reply to  95Frank

Pagliuca ha scelto Samaden direi scelta top , sulla carta, vedremo tra qualche anno….il Presidente Percassi al massimo farà quello che fa ora in futuro anche meno…Forza Atalanta!

madonna
madonna
23 Aprile 2023 08:49

In due parole ha spiegato perché la nazionale sta attraversando questo periodaccio.
Da questa intervista capisci la responsabilità che hanno questi uomini. Educare

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