07/09/2025 | 21.25
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Al rifugio Bergamo

È domenica 31 agosto e sono in vacanza con mia moglie da alcuni giorni in Alto Adige a fare trekking e ferrate che è di fatto la mia attività preferita dopo il calcio.

Poche ore prima, particolare non di scarso rilievo, si è verificato il secondo passo falso di questa stagione iniziata con tanti interrogativi e qualche incertezza di troppo: il pareggio di Parma.

Complice la sosta nazionali, ci aspettano altri 15 giorni di dibattito incessante su Juric e su quello che poteva essere e non è stato in sede di mercato, nonché su Gasp che ci guarda dall’alto.

Bisogna dare una scossa, bisogna fare qualcosa subito, questa volta in prima persona, bisogna salire in quota, persino più in alto del vate.

Il tempo è propizio e allora sveglia presto. La decisione è presa: si va al rifugio Bergamo, e, nello zaino, insieme alle solite cose, ci deve essere la maglia pregara.

Si tratta del più vecchio rifugio del Catinaccio, costruito nel 1887, con diversi accessi, ma che richiedono, un po’ come il tifo, tutti un certo impegno e fatica per ottenere il piacere derivante dal raggiungere l’obiettivo: da tre ore a tre ore e mezzo secondo le tabelle.

Noi partiamo dalla località Bagni di Lavina Bianca, quota 1200 e, risalendo la Val Ciamin, le gambe mulinano piuttosto bene, così che superiamo tutti, tranne un tedesco indiavolato, probabilmente un tifoso del Leverkusen che vuole ancora farmela pagare per la troppa gioia della finale di Dublino.

Ad ogni modo, in poco più di due ore siamo ai 2165 metri del rifugio, maglietta sudata come vuole la tradizione, ma, complice anche la giornata discretamente calda, non è quella a maniche lunghe della Dea, che però tiro fuori per la foto d’ordinanza e che mi accompagnerà poi nella prosecuzione della giornata a quote più elevate.

Toccheremo infatti il passo del Molignon (2599 m), il rifugio Alpe di Tires (2440 m) e poi, a concludere il percorso ad anello di circa 20 Km e 1500 m di dislivello, giù per il Buco dell’Orso, sentiero roccioso, piuttosto ripido e parzialmente attrezzato, con ritorno al parcheggio. Da lì via ancora veloci in auto per tornare all’albergo perché la cena è fissata alle 19 e vada per il pellegrinaggio pro Dea, ma stare a digiuno dopo tanta fatica sembra un po’ eccessivo.

Seguiranno altri giorni e altre piccole imprese, ma questa del rifugio Bergamo rimarrà nel cuore con la viva speranza che il rito propiziatorio riesca a dare i suoi effetti quanto prima, magari già alla ripresa del campionato e perché no, anche nel Fantalantini il cui inizio da parte mia è stato persino peggiore.


AndreaDEA75


P.S. Per chi volesse pianificare questa escursione o escursioni analoghe in zona, essendo un conoscitore piuttosto profondo delle Dolomiti, può contattarmi attraverso lo staff o chiedere direttamente nei commenti.



By staff
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