22/02/2017 | 04.43
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Il cuore di Jasmin

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Sdraiato a terra. Di schiena. Stremato. Con le mani sulla testa. Da solo.
L’arbitro ha appena fischiato la fine della partita.
I compagni sono al centro del campo a festeggiare una vittoria sofferta, abbracciandosi a quelli scattati dalla panchina.
Anche gli avversari sono al centro del campo, a sostenersi dopo l’ennesima, seppur combattuta, sconfitta.
I direttori di gara sono lì, al centro del campo, perché così vuole il protocollo, alla fine della gara.
Lui, invece, è lontano. Da solo. Esausto, sdraiato a pochi passi dalla tribuna di via Giulio Cesare.
Non è lì per caso, Jasmin. Come un gladiatore nell’arena, è lì in attesa del giudizio insindacabile del suo pubblico. E’ lì con il coraggio di chi sa di essere l’unico responsabile delle sue azioni. E che, per esse, deve essere giudicato.
Siamo circa alla mezz’ora del secondo tempo. L’Atalanta fatica a mettere in cassaforte un risultato molto importante. I pitagorici si preparano all’ultimo, disperato, tentativo di raddrizzare la gara.
Jasmin Kurtic sbaglia un passaggio facile facile. Forse l’ennesimo. La tribuna borbotta. Vola qualche fischio.
Jasmin Kurtic si rivolta verso la Creberg con un palese gesto delle braccia. Ma non lo fa da fermo. Sbraccia mentre insegue, forsennato, l’avversario al quale ha appena regalato il pallone.
Dopo qualche istante lo fa ancora, quel gesto. Sta inseguendo un altro avversario e gli recupera lo spazio, il tempo della giocata ed il pallone.
Il ragazzo di Crnomelj è trasparente. Senza filtri. Senza diplomazia. Tranquillo e posato, ma anche chiaro e senza scappatoie. Trasparente come i suoi occhi slavi e i suoi lineamenti decisi.
Non si fanno certi gesti, durante una partita. E Jasmin forse l’ha capito subito. Ha capito che il suo cuore da leone, provato dalle mille corse, dai mille recuperi, dalle mille incursioni, per un attimo è sfuggito al controllo della ragione.
Ma ha continuato a correre. Come prima. Più forte di prima. Fino alla fine della partita.
E quando l’arbitro ha fischiato per tre volte, non è andato a saltare in braccio a Petagna, o ad abbracciare il suo collega di fascia Conti.
Si è lasciato cascare davanti a quella tribuna con cui aveva battibeccato pochi minuti prima.
Non ha chiesto scusa, Jasmin. Non ha chiesto clemenza.
Come gli uomini veri si è sottoposto al giudizio del suo pubblico. Da solo. Senza difesa. Senza scusanti.
E la tribuna, solitamente poco avvezza a fare sconti, ha dimostrato una maturità crescente, come quella della squadra per cui tifa. Gli ha riconosciuto un cuore grande così. Una dedizione tale da portare a perdonare un gesto così palese.
E Jasmin si è battuto il petto. Ed ha guardato in faccia la sua gente, mentre raggiungeva gli altri compagni, al centro del campo.
Credo che un legame in più si sia instaurato fra lo sloveno di Crnomelj e la sua tifoseria, dopo quei pochi istanti.
Anche se potrebbe sembrare un fatto di poco conto, un’altra pagina bella è stata scritta in questa stagione che non finisce di regalare emozioni.

Rodrigo Dìaz

By staff
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