Il vento della Nord

28-11-2016 15:52 50 C.

No, non ci sono più dubbi. Se alle dieci della sera, in una rigida e nebbiosa domenica di fine novembre. si ritrovano in tremila nel centro della città, per accogliere l’Atalanta di ritorno da Bologna e dalla sesta vittoria consecutiva, l’ottava nelle ultime nove partite (il nono risultato utile è un pareggio: nessuno, nei cinque più importanti campionato europei ha fatto meglio), vuol dire che la gioia ha divorato la sorpresa. Che sognare è un diritto perché, comunque vada a finire in maggio, Gian Piero Gasperini sta riuscendo a fare ciò che con tre parole aveva promesso di fare, dopo il successo del Napoli. “Vogliamo rendervi felici”, disse l’allenatore a migliaia di tifosi assiepati in Curva Nord. Gasp è un uomo di parola e, ieri sera a Porta Nuova, bastava osservarne l’espressione piacevolmente sconvolta, di fronte all’accoglienza trionfale dei tifosi, per capire che cosa stia succedendo in queste settimane a Bergamo. “Mai vista una cosa del genere”, ha commentato il tecnico. Per non dire dei giocatori che non credevano ai loro occhi.

“Qui sta accadendo qualcosa di inimmaginabile “, aveva detto Antonio Percassi, due settimane fa, nell’intervista esclusiva rilasciata al Corriere dello Sport-Stadio. Il presidente aveva usato l’aggettivo più appropriato per descrivere lo stato d’animo della gente atalantina. Che bisogna conoscere a fondo, per apprezzarne la passione, gli slanci, l’entusiasmo, demolendo luoghi comuni, stereotipi, giudizi trinciati con la superficialità della disinformazione.
A Bergamo non si dice: vado allo stadio. Si dice: vado all’Atalanta. E si dice tutto. Il cuore di questo popolo batte in Curva Nord, una Curva più forte di tutto, a cominciare dalla criminalizzazione che ha dovuto sopportare negli ultimi due anni, cavalcata da una parte della Casta politica e mediatica locale. Perché, si sa, i nemici più infidi sono sempre quelli che ti ritrovi in casa.

Oggi, saltano sul carro di Percassi e Gasperini, Caldara e Gagliardini; ieri e l’altro ieri, per esempio, sputavano sentenze ed esponevano al pubblico ludibrio con nomi e cognomi, i ragazzi sbattuti in galera dopo gli incidenti di Atalanta-Roma del 22 novembre 2014, ma scarcerati tre settimane più tardi, perché le accuse erano cadute l’una dopo l’altra. Per non dire dell’ipocrisia di alcuni quaquaraquà che, due anni fa plaudivano al divieto di trasferta dei tifosi organizzati Amici dell’Atalanta, famiglie intere armate di pane salame e vino Valcalepio doc o alla chiusura del Baretto dello stadio, rinomato covo dell’Isis e non ritrovo frequentato da uomini, donne e bambini, tutti con due segni particolari, il, nero e l’azzurro: un provvedimento liberticida, emanato ricorrendo a una norma in vigore durante il fascismo.

Oppure, nell’ultimo campionato, i guardiani della pubblica morale battevano le mani al divieto di accesso in Curva ai non possessori della tessera del tifoso; al divieto di trasferta, inflitto e poi ritirato, per manifesta indecenza ai tifosi del Chievo, notoriamente pericoli pubblici. E ancora: come non ricordare gli zelanti zeloti annidati in Città Bassa, fiondatisi a Roma per salire in ginocchio le scale del Viminale, reclamando provvedimenti esemplari contro tutta la tifoseria, alla faccia del principio costituzionale della responsabilità penale individuale che riguarda colui che infrange la legge e soltanto lui.
Ecco perché, dietro la pazzesca cavalcata del Leicester d’Italia, c’è la rivincita di una tifoseria che l’Atalanta non ha mai lasciato sola, nemmeno quand’era in serie B o nell’anno del -6. Una rivincita riassumibile in due parole. Senza paura.

fonte: http://blog.corrieredellosport.it – Xavier Jacobelli

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By marcodalmen


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