14/10/2025 | 09.29
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Josip: "A Bergamo stavamo per cambiare la Storia"


(foto Getty)

Lunga intervista al nostro campione oggi sulla Gazzetta dS, ecco cos'ha detto

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Josip Ilicic racconta la propria storia con voce calma e parole misurate. Ogni pausa sembra custodire un ricordo, ogni sorriso nasconde una ferita. Oggi, a 37 anni, gioca nel Koper, in Slovenia, e da quella piccola sala dello stadio “Bonifika” ripercorre la sua vita sportiva e personale, tra successi, dolore e rinascita.

Le origini e l’amore per il calcio

Ilicic non pensa ancora al ritiro. Spiega che, conoscendo da tanti anni il direttore e il presidente del Koper, ha accettato subito di dare una mano: “Finché il fisico tiene, voglio divertirmi”. Chiuderà probabilmente la carriera in Slovenia, il Paese che considera casa: “Sono nato in Bosnia, ma non ne ho ricordi. Mio padre morì quando avevo un anno e mezzo. Mia madre mi ha insegnato a lottare. Il mio sinistro è nato per strada”.

Gli inizi a Palermo

Fu a Palermo che iniziò a farsi notare. Racconta che il direttore sportivo del Maribor lo convocò in ufficio per dirgli che era stato venduto, senza specificare la squadra. Solo due giorni prima del ritorno di coppa scoprì che si trattava del Palermo: “Mi chiesi cosa sarebbe successo se avessi segnato. Segnai, ma non esultai”.

Walter Sabatini, suo dirigente, parlò di lui come di un giocatore dalla “tristezza biologica”.

Ilicic ammette che da fuori può sembrare distaccato, ma dentro ha sempre avuto un fuoco: “A Bergamo mi chiamavano la nonna, ma io non volevo mai perdere. Più mi attaccano, più divento forte. Non mi nascondo mai”.

Con il presidente Zamparini ebbe un rapporto speciale: “Mi amava come calciatore, mi proteggeva. Quando le cose andavano male mi invitava a casa, diceva di aver trovato l’allenatore giusto per me, poi lo cambiava dopo un mese. Con quella squadra potevamo fare grandi cose”.

Gli anni difficili a Firenze

L’esperienza alla Fiorentina, invece, non fu semplice: “Con i fiorentini ho chiuso. Mi criticavano per il prezzo del cartellino, ma in quattro anni sono stato due volte miglior marcatore e miglior assistman. Arrivammo quarti e non bastava mai. Eppure, Firenze resta una città bellissima, ci torno ancora con la mia famiglia”.

L’incontro con Gasperini e l’Atalanta

Il suo approdo all’Atalanta fu quasi casuale: “Avevo un accordo con la Sampdoria, ma mi chiamò Gasperini e mi convinse. Con lui ho capito cosa significa superare i propri limiti. Durante i ritiri non dormi, sei distrutto, ma poi capisci che ti sta trasformando. Quante partite abbiamo vinto solo grazie a quella preparazione?”.

L’Atalanta dei sogni

Racconta con orgoglio di quella squadra straordinaria: “Paratici mi disse che avevamo l’attacco da scudetto. Io, il Papu, Muriel, Pasalic… segnavamo sempre. Due gol ad Anfield, cinque al Milan, cinque al Parma. Eravamo magici. L’unico rimpianto è non aver vinto un trofeo”.

Ricorda con amarezza la finale di Coppa Italia del 2019: “Era rigore ed espulsione, ma non li diedero. Quella sconfitta mi brucia ancora”.

Valencia e l’inizio del buio

La notte di Valencia, con quattro gol in Champions, fu il punto più alto. Poi arrivò il buio: “Molti mi chiedono dove sarei arrivato senza il Covid e la depressione. Non lo so, ma credo che saremmo potuti arrivare in finale di Champions. Eravamo senza paura. Quella partita ha cambiato la storia dell’Atalanta, mentre il mondo si spegneva”.
Durante la pandemia visse momenti durissimi: “Rimasi 42 giorni solo a Bergamo, lontano dalla mia famiglia. Non stavo bene. Le voci su mia moglie mi ferivano, erano tutte falsità. Non ho voluto smentire, sapevano la verità chi mi stava vicino”.

Il dolore e la rinascita

Ilicic spiega che in quel periodo non pensava più al calcio né ai soldi. “A Bergamo vedevo passare le bare, un’immagine che non dimenticherò mai. Avevo già sofferto tanto per la morte di Astori, mio compagno ai tempi della Fiorentina”.

Parlando di Gasperini, si emoziona: “Ha fatto per me più di chiunque altro. Mi ha spinto oltre i miei limiti. Quando nel 2018 fui ricoverato per un’infezione, mi disse: ‘Alzati, dobbiamo giocare’. Non mi ha mai permesso di arrendermi. Anche a Valencia mi ignorò quando chiesi il cambio, e segnai il quarto gol”.

Gli ultimi anni

Rifiutò offerte importanti: “Il Napoli mi voleva, parlai con Ancelotti, ma Percassi bloccò tutto. Anche Milan e Bologna si interessarono. Ma preferivo essere protagonista a Bergamo piuttosto che uno dei tanti altrove”.

Alla fine lasciò l’Atalanta per problemi fisici: “I tendini non reggevano più. Monchi mi offrì due anni e mezzo al Siviglia, ma non ce la facevo più. Così sono tornato al Maribor”.

Quando salutò Bergamo, le lacrime non mancarono: “Ero triste ma grato. Quando nel 2023 i tifosi vennero a salutarmi a Maribor, mi sono commosso. Solo alla fine capisci davvero quello che hai costruito”.

L’eredità

Un anno dopo, tornando allo stadio per Atalanta-Real Madrid, capì di essere rimasto nel cuore dei tifosi: “Pensavo che si fossero dimenticati, invece cantavano ancora per me. Modric mi disse che lo stadio era tutto per me, anche se non giocavo. Quell’affetto è il mio trofeo più grande”.

Oggi Ilicic guarda al passato con serenità: “Abbiamo fatto cose folli, davvero folli. E sono felice di aver visto l’Atalanta vincere l’Europa League. Quando avrò tempo, voglio rivedere tutti. Quella squadra aveva qualcosa di unico”.
By staff
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