La Dea tra campionato e Champions
In Champions League si esalta, in campionato arranca. La tifoseria dell'Atalanta vorrebbe che la formula europea tutta determinazione fosse traducibile anche nella kermess tricolore. Cosa che, in questo momento, non è particolarmente riuscita a giudicare dal dodicesimo posto con sedici punti che non rappresenta certo un bottino all'altezza dell'Atalanta delle ultime stagioni. Non è naturalmente lecito aggrapparsi al fatto che al timone non vi sia più Gian Piero Gasperini. Se anche gli allenatori cambiano, ciò che non deve disperdersi è il patrimonio di esperienza nei piani alti del condominio accumulato con merito. Il problema si era presentato subito quando si trattò di dare un degno erede al tecnico ora sulla panchina della Roma. La scelta cadde su un Ivan Juric reduce da diverse esperienze non esaltanti e che in più d'uno, nella Città dei Mille, non vide esattamente come la persona maggiormente indicata per gestire il patrimonio costruito dalla società e da Gasperini negli ultimi anni. Il 3-0 subito dai nerazzurri con il Sassuolo indicò chiaramente che la pazienza era giunta al limite e andò a confermare che quella guida tecnica non era stata l'ideale per prendere per mano la squadra e traghettarla in una fase nuova. Certo, ci sono state anche le affermazioni continentali con Bruges e Olympique Marsiglia inframmezzate dal pareggio con lo Slavia Praga e precedute dall'ecatombe con il Paris Saint Germain. Ma il giochetto, per una squadra che vuole puntare in alto come a buon diritto deve fare l'Atalanta, deve riuscire completo e non a metà come nel caso della gestione Juric.
Ora si è fatta strada la gestione di Raffaele Palladino, tecnico giovane ma che, a differenza dell'allenatore croato, ultimamente ha collezionato soltanto risultati apprezzabili. Non era nel novero delle imprese semplicissime riuscire a trarre in salvo il Monza per due stagioni consecutive così come non lo era proiettare la Fiorentina in alta classifica e ancora in Conference League. Da quando il Monza lo reclutò dopo avere dato il benservito a Giovanni Stroppa, insomma, un'escalation di sorrisi. Adesso che è sbarcato a Bergamo, la società gli ha affidato la delicata missione di ricomporre i cocci di un avvio di stagione sottotono. A lui le sfide piacciono un mondo, e, vedi appunto Monza e Fiorentina, piace altrettanto vincerle. I problemi che gli si presentano sono innanzitutto di cercare di dare alla squadra una maggior robustezza offensiva, dal momento che diciassette reti segnate a fronte di altrettante pareggiate non sono un bilancio tranquillizzante. La beatitudine di classifica di una squadra, non è mistero per nessuno, si correla con la sua capacità di fare male alle avversarie e il male lo si fa spingendo la palla nella loro porta. Il calcio non è il pugilato e non puoi vincere ai punti, e , se pure puoi suonare l'avversario dalla prima all'ultima ripresa, se non gli rifili il jab di una rete oltre la linea bianca della sua porta, non ti puoi poi regalare il carico pesante.
Lo scorso campionato, dopo quattordici turni, la squadra aveva segnato esattamente il doppio ovvero 35 reti e ne aveva subita una in meno, ovvero sedici. Se sul piano difensivo non si notano grandi differenze, ve ne è quindi invece una abissale su quello realizzativo e sarà proprio il gap che Palladino dovrà riuscire a colmare. Riuscirà l'ex Monza a far percorrere all'Atalanta al galoppo e non al trotto il campionato oltrechè la Champions League? Riuscirà a far mantenere alla squadra capace di mettere sotto un Eintracht Francoforte settimo nella Bundesliga in Europa la stessa tensione con cui avrebbe dovuto evitare di farsi mettere sotto da un Hellas Verona non certo nutrito di ambizioni d'alta classifica ma desideroso di incartare in confezione regalo una tranquilla salvezza? Perché l'impressione è sinora di avere visto due Atalante che danno l'impressione di essere composte da calciatori diversi pur se, in Europa come nel campionato tricolore, sono ovviamente gli stessi.
E poi resta il problema della partite in trasferta. Sinora la posta piena si è materializzata soltanto sul campo del Torino con un rotondo 3-0. Poi solo segni ics o segni meno. E se un pareggio al cospetto della Juventus è pur di quelli che puoi ancora valutare con il sorriso, ci sono quegli stop su campi di squadre come Udinese e Hellas Verona che sono animati da ben diversi propositi di classifica che proprio stonano.
Palladino avrà insomma il suo bel daffare. La sconfitta di Verona non può suonare come una sentenza definitiva, né per lui né per la squadra e quindi non può portare a dire che l'Atalanta debba ridimensionare le sue pretese di classifica. Ma il campionato corre e i nerazzurri non si possono più concedere sbavature. Quindi niente sentenze definitive, ma un monito chiaro sì: che la squadra debba trovare la giusta temperatura di convinzione in grado di porla sempre sul pezzo senza smarrirsi ingenuamente come contro gli scaligeri in partite che i risultati di classifica di questi anni le devono fare gestire con tranquillità e la sicurezza di una big. Perché ormai, l'etichetta di big, specie dopo l'alloro europeo di un anno fa, l'Atalanta la deve portare come un vestito su misura.
Cristiano Comelli

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