La lezione di vita di Astutillo Malgioglio
La vita come restituzione. «Perché mi reputo una persona fortunata: nel periodo in cui il dodicesimo non vedeva mai il campo, io ho giocato diverse partite nell’Inter dei record e ne ho perse soltanto due». Usa un dato calcistico, Astutillo Malgioglio, che ieri si è raccontato ai ragazzi dell’Oratorio della Volta, a Brescia, per descrivere la sua fortuna, anche se del calcio avrebbe forse fatto a meno.
Strano a dirsi per un portiere che – tra Bologna, Brescia, Pistoiese, Roma, Lazio, Inter e Atalanta – vanta oltre 200 presenze tra serie A, B e C. «Ma se oggi ripenso alla mia carriera – ha ammesso Malgioglio dinnanzi a una platea con tanti giovanissimi, intervistato da Fabio Tonesi del Giornale di Brescia – mi domando come ho fatto a fare il professionista: è un mondo chiuso, col quale ho faticato a convivere».
La vera passione di «Tito» Malgioglio, infatti, è stata aiutare ragazzi affetti da distrofia muscolare. «Molti erano bambini, per la verità, quando mia moglie Raffaella e io abbiamo iniziato a seguirli: ci siamo inventati qualcosa di nuovo, ossia la riabilitazione, che non esisteva perché per la medicina queste erano persone comunque destinate a morire. E invece sono ragazzi che danno il 110%, che insegnano a non mollare e che danno a noi tantissima forza. Quando conosci la vera sofferenza, sai dare peso ad ogni traguardo. E la gioia diventa ancora più vera, se condivisa. Ecco, mia moglie ed io siamo diventati parte di tante famiglie».
Malgioglio a Brescia ha giocato dal 1977 al 1982. Ma la sua svolta non è stata «di carriera», quanto piuttosto «di vita». «Qui, proprio nel 1977, anno in cui nacque mia figlia Elena, ho conosciuto la Domus Caritatis: mia moglie iniziò come volontaria. Poi mettemmo a punto un metodo scientifico di riabilitazione. E il progetto andò avanti, sfociando nella nostra palestra Era77, dove investivo i soldi che guadagnavo da calciatore».
La carriera nel calcio
Una convivenza difficile, si diceva. «Il mondo del calcio non vedeva l’ora di mandarmi fuori dai piedi. Ci fu l’episodio dello striscione dei tifosi laziali, poi subito rimosso, in cui venivo invitato a “tornare dai miei mostri”. Ma nessuno prese posizione, i media glissarono e pochi calciatori nel tempo mi sono rimasti vicini. La mia colpa? Pensare ai miei ragazzi più che a parare. Ma non ho rimpianti e, quando ho lasciato il calcio ho proseguito l’attività: non in palestra ma con l’assistenza domiciliare».
Astutillo Malgioglio, una grande persona prestata al calcio.
