20/10/2025 | 11.45
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La maxi Coppa

Questa e' la riproduzione di un articolo di un quotidiano cartaceo pubblicato ieri mattina che ci hanno fatto pervenire ma che non siamo riusciti ad identificare. Sotto vi riportiamo il video che avevamo gia' messo l'altro ieri durante la festa e che viene citato nel pezzo. Sotto ancora una curiosa immagine futuristica della Coppa


La maxi Coppa
di Davide Ferrario


Monumento molto bergamasco. Per il lavoro e la dedica.
Giusto ricordare i tanti che hanno visto le sconfitte e non hanno potuto gioire per il trionfo

Tutto bello, bellissimo la sera di venerdì. Ma il momento più epico non sono stati i discorsi, le rievocazioni, gli ex, i messaggi, le maglie. E stato il video della realizzazione della statua della coppa, e non parlo delle immagini di Dublino.

Non riesco a immaginare nulla di più intrinsecamente bergamasco di due tifosi come Nicola Trapattoni e Cristoforo Giorgi (che nella vita fanno uno il marmista e l’altro l’imprenditore edile) i quali si mettono a tirar su con le proprie mani un monumento senza aspettare nessuna commessa ufficiale (ricordate i problemi per la fallita re-intitolazione di piazzale Goisis?).

Invece loro, niente — maglietta d’ordinanza che omaggia il Bocia, trapano e scalpello in mano, aria da gente che vive di lavoro pane e Atalanta — testa bassa e via, a darsi da fare perché alla fine è quello che ci riesce meglio da sempre.

La filosofia della famosa maglia sudata, certo. Ma non finisce qui, perché l’essere bergamaschi non si esaurisce in un cieco amore per il lavoro.

Occorre altro, per dargli un senso. Ed ecco la dedica, che non va a nessun giocatore o dirigente in vita, ma a «chi l’ha sempre sognata e non ha potuto viverla». Perché ciascuno di noi ha un familiare o un amico che per destino non ha potuto vedere quello che nessuno aveva mai nemmeno sognato.

Così, una volta a casa, ho aperto la porta del mio piccolo santuario nerazzurro, confinato in un sottoscala per volere della mia compagna (di mestiere fa la scenografa e la capisco....). Tra biglietti usati, sciarpe e memorabilia vari, c’è anche la foto del mio amico di stadio Martino, che se ne andò giusto l’anno che è arrivato Gasperini.

È una foto scattata nello stadio della Juve in uno di quegli anni in cui da lì tornavamo sempre bastonati. Ride e con le dita fa il segno del «tre». Sono i gol che avevamo preso fino a quel momento. Tre come quelli che avremmo segnato a Dublino. Fanno tutti parte della stessa storia, quella che ci tiene tutti insieme.

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By staff
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