Le impressioni del Tio
In quella settimana io non esisto. Esco dal corpo che mi sta ospitando da diversi decenni ed entro in quello che, forse, avrei voluto essere. O meglio, nel corpo senza confini di cui ognuno è dotato dalla nascita, ma che può indossare solo in rare occasioni, nella vita.
Una settimana fra tori, amici, sconosciuti, vino, birra, sidro, butifarra, bonito del norte e costolette di agnello lechal.
Sono rientrato dentro le mie ossa, quelle che invecchiano assieme a me, sdraiato sul divano.
Nella cascina del Tio, con il cane Ernesto a dormire in fondo ai miei piedi.
Era l’alba, ma non so esattamente di che giorno.
El Tio non c’era. Era uscito per qualche commissione. O per passeggiare. O per andare da Agusto Ortiz a comprare delle salsicce.
“Ci vediamo quando rientri. Il caffè basta scaldarlo.”
Mi lasciò scritto su un biglietto sul tavolo.
Per riprendere i fili di me stesso, ho valicato Roncisvalle e sono sceso fino a Toulouse, a trovare Bernard, un mio amico giornalista sportivo francese.
Mi ha ragguagliato, per filo e per segno, sulla questione Lookman – Inter. Sulle notizie vere e fasulle e su come la stampa italiana sta gestendo la situazione.
Bernard è un giornalista vecchio stampo. Eticamente incorruttibile e profondamente indignato con i suoi colleghi italiani, che odia e che chiama “les producteurs de merde imprimée.”
Io ho vissuto l’inizio della questione ancora immerso nella nuvola surreale di San Firmìn e solo allora ho iniziato a comprendere il vero perimetro della situazione.
Non sono così anti-italiano come Bernard, anzi, tifo Atalanta, una squadra italiana. Ma il dubbio mi rimane.
Quando sono tornato a casa, era sera inoltrata. Pamplona riposava ancora dopo la magia estenuante della festa e la mia dispensa era vuota.
El Tio vive in un altro mondo. Capisce tutto prima.
Appena rientrato a casa e verificato che avevo poco o nulla da mangiare, mi arriva un WhatsApp dal Tio. (impressionante come abbia imparato a usare il telefonino).
“Ho preparato il bacalao al ajoarriero. Ne ho fatto un po’ di più. O lo mangi tu o lo mangia il cane Ernesto.”
Mi sono precipitato alla sua cascina, appena fuori Pamplona.
Ovviamente, ho portato una bottiglia di Ramòn Bilbao. Quella non dimentico mai di tenerla in fresco.
Abbiamo parlato, quella sera.
Abbiamo parlato di Atalanta. Fino a tarda notte. Fino a terminare la bottiglia di Ramòn Bilbao, fino a terminare le due bottiglie di Orujo de Hierbas che El tio tiene in fresco nel congelatore.
Come non ci capitava da tempo.
Gli ho raccontato di Bernard e delle sue impressioni.
“I Percassi tienen dos pelotas así.”
Mi ha detto, alzando l’ultimo bicchiere di Ramòn Bilbao, tenuto per chiudere la serata, e guardandoci attraverso, alla luce della lampada.
Il cane Ernesto pare che annuisse.
El Tio è un uomo saggio. Un uomo che le cose le capisce a naso, prima degli altri. Un uomo che sa mettere le persone sulla bilancia e pesarne lo spessore.
Io non arrivo, ancora, a tanto.

