Mi ritorni in mente

02-11-2018 13:15 21 C.

Il prossimo turno di Serie A, in programma per domenica 4 novembre, vedrà la Dea di scena a Bologna, alla ricerca di conferme dopo le due ottime prove e i 6 punti conquistati tra Chievo e Parma. La parola d’ordine per il posticipo delle 18 è continuità, di condizione e di gioco. I felsinei dal canto loro, dopo un avvio di stagione stentato, arrivano alla sfida con qualche interrogativo in meno e determinati a giocare a viso aperto contro ogni compagine, come desidera il Mister rossoblu, un ex campione e vecchia conoscenza per l’universo atalantino, Pippo Inzaghi. I tifosi più giovani della Dea non hanno avuto la fortuna di ammirare l’attaccante originario di Piacenza con la maglia nerazzurra; la sua fama è legata, in particolare, alle stagioni con la casacca rossonera del Milan, in termini di goal e successi.

È doveroso ricordare, però, che la prima grande stagione di Serie A di uno dei 9 italiani più forti di sempre, quella datata 1996-1997, sia stata a tinte nerazzurre e tra le mura di Bergamo. Un giovane Inzaghi arrivò alla corte di Mondonico nell’estate del 1996, dopo un’annata in chiaroscuro al Parma, squadra che lo aveva lanciato nella massima serie proprio in occasione di un match giocatosi a Bergamo contro la Dea e terminato per 1-1. Il Mondo, nel giovane ventitreenne, notò ben presto qualcosa di speciale; Filippo sembrava avere le giuste doti per sfondare ed essere “diverso” dagli altri attaccanti in circolazione: grande senso della posizione, grinta e, soprattutto, un innato fiuto del gol, dote che lo renderà uno dei giocatori più prolifici degli anni ’90 e 2000, nonostante non fosse particolarmente dotato tecnicamente. Inzaghi iniziò subito a “vivere” sul filo del fuorigioco e, nella sua unica stagione nerazzurra, trovò il suo habitat naturale nell’area di rigore avversaria. “Pippo”, abile nello smarcarsi e mandato in rete dai piedi di Morfeo, Sgrò e Lentini cominciò a segnare con regolarità e in ogni modo, destro, sinistro, testa, rigore e perfino su punizione proprio in una sfida al Dall’Ara, con un destro a insaccarsi violentemente sotto al sette.

Il giovane Filippo si fece uomo; le segnature arrivavano a grappoli e, settimanalmente, si assisteva alle sue esultanze sotto alla curva atalantina che lo amava per il suo animo, per la determinazione e per quella cattiveria agonistica da uomo vero. I suoi goal, a fine stagione, furono 24 e lo confermarono capocannoniere in Serie A alla sua seconda stagione nel massimo campionato. Di reti da ricordare ce ne sarebbero parecchie, ma due, in particolare, sono tutt’ora nella memoria e nel cuore dei tifosi orobici per il significato e la commozione che portarono con sé. Il 12 febbraio del 1997 morì in un incidente stradale Federico Pisani, talento della Dea, compagno di squadra e amico di Filippo. Il popolo bergamasco si unì nel dolore. La domenica successiva l’Atalanta affrontò in casa il Vicenza in uno stadio visibilmente commosso e dal clima surreale. Inzaghi, ancora scosso, andò in rete due volte e, in entrambi i casi, corse in lacrime insieme ai compagni verso lo striscione raffigurante il numero 14, in memoria dell’amico Federico. Il 3-1 finale fu la dedica della squadra. La sensazionale e prolifica annata del centravanti attirò, ovviamente, le attenzioni dei maggiori club italiani. Fu la Juventus, neocampione d’Italia, ad aggiudicarsi le prestazioni dell’ormai affermato Filippo per la cifra di 20 miliardi di lire. Mondonico lo celebrò così: “Non è Inzaghi ad essere innamorato del gol, è il gol ad essere innamorato di Inzaghi.”

Nel cielo di Bergamo, era nata una stella.

 

Mattia Stucchi

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By Staff di Atalantini.com


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