Panucci su Albania, Italia e Atalanta
Intervista di repubblica.it a Cristian Panucchi, ora mister della nazionale albanese. Parla bene di dov'e' ad allenare e meno bene dell'Italia. Tranne l'Atalanta...
Ringraziamo Marco B. per la segnalazione
La panchina della Nazionale, a due mesi e mezzo dal traumatico addio di Gian Piero Ventura, è ancora vuota. E non è improbabile che il nuovo e al momento ignoto ct, una volta scelto dai futuri vertici di una Figc ormai in perenne tempesta elettorale, possa prendere possesso del ruolo soltanto a giugno, lasciando l'interregno all'allenatore dell'Under 21 Gigi Di Biagio. In compenso quattro commissari tecnici italiani ci sono comunque, in giro per il mondo. Marcello Lippi guida la Cina, Alberto Zaccheroni gli Emirati Arabi, Franco Varrella San Marino e Christian Panucci l'Albania. Panucci, 45 anni ad aprile, è il più giovane e ambizioso. Ha raccolto il testimone da Gianni De Biasi, che portò alla storica qualificazione all'Europeo una squadra in crescita, con una base di calciatori di buone prospettive per anagrafe e tecnica. Il nuovo ciclo sta confermando la tendenza: nel novembre 2017 la vittoria per 3-2 nell'amichevole in casa della Turchia ha chiuso bene le prime 5 partite del nuovo corso, in cui alle preventivate sconfitte con Spagna e Italia nelle qualificazioni al Mondiale (già compromesse) hanno fatto da contraltare la vittoria col Liechtenstein e il pareggio in Macedonia.
Panucci, come sono stati i suoi primi sei mesi da ct?
"Molto belli. Sono felicissimo. La Federazione è organizzatissima. Investe in strutture e in stadi nuovi, lavora nelle scuole, fa selezioni in giro per l'Europa, cura con la massima attenzione le Under, setaccia per la Nazionale ragazzi che non giocano in Albania. Sta nascendo proprio una squadra, vedrete: l'obiettivo, ovviamente, è andare all'Europeo".
Dall'altra parte dell'Adriatico il morale è ben altro: niente Mondiale, il punto più basso della storia.
"Ma il declino era iniziato già da un po'. Nel 2010 e nel 2014 al Mondiale l'Italia ci è andata, però è uscita sempre al primo turno".
Stavolta è peggio: due mesi e mezzo dopo il fallimento con la Svezia la situazione è stagnante e manca sempre il ct. Ha un nome da suggerire?
"Il nome deve farlo il presidente. Ma prima bisognerebbe averlo, il presidente. E ne servirebbe uno che voglia il bene del calcio italiano".
Fifa e Uefa hanno aumentato il peso dei calciatori al governo: un argomento tabù, in Italia.
"Io penso che il calcio debba farlo chi lo ha fatto, perché la ripartenza appunto da questo deve nascere: dal volere fare calcio, non business. Io conosco bene Damiano Tommasi, ha spessore e competenza: voterei lui o chi si allea con lui. Nel calcio italiano le figure di persone che conoscono il calcio e vogliono il bene del calcio non mancano, però non vengono coinvolte. Penso a Paolo Maldini".
Ancora fuori da ruoli dirigenziali, eppure si è ritirato nel 2009.
"Non capisco come una persona come Paolo possa essere ancora fuori da qualunque discorso. Significa che non si vogliono fare le cose per bene".
Lei da quale decisione partirebbe?
"Dall'istituzione delle seconde squadre, subito. Ci sono direttori sportivi che fanno rose di 40-45 giocatori e poi non vogliono le seconde squadre. La storia parla chiaro".
Cioè?
"Zidane, Guardiola, Luis Enrique, per arrivare dove sono arrivati, da dove hanno iniziato? Dalle seconde squadre. Comunque una società che fa le cose per bene in Italia c'è. Bisognerebbe prenderla come esempio".
Sarebbe?
"L'Atalanta. Mi piace tanto come gioca e mi piace come viene gestita. Mi piace l'idea di regalare la maglia della squadra a ogni bambino che nasce nella provincia di Bergamo. Il calcio dovrebbe essere così, si dovrebbe investire molto di più sui giovani. L'Atalanta lo fa. Se le storiche Under 21 in cui ho giocato vincevano sempre, un motivo c'era. All'epoca si lavorava sui giovani".
Non è che sia passato un secolo.
"Quando investi sul settore giovanile, qualcosa indietro ti torna sempre. Invece di spendere 5 milioni per un giocatore che non si conosce, perché oggi non si spendono quei soldi per il settore giovanile? Ci vuole tanto a capirlo?".
Intanto anche lo spettacolo della serie A è calato.
"In questo momento il calcio italiano non è di altissimo livello: molto tatticismo difensivo, priorità al risultato. La Juventus salva un po' la nostra immagine: ha budget per investire, ha ancora appeal in Europa e nel mondo. E non credo proprio che rinuncerà a qualcosa: come l'anno scorso, proverà a vincere scudetto e Champions. Però col Napoli ha attaccato, è andata in vantaggio e poi è tornata "a casa" e ha fatto contropiede. E il Napoli lotta per lo scudetto giocando bene, ma in Champions è uscito al primo turno".
"Io penso che l'Italia, quando cade, sappia rialzarsi. Il problema è che da noi si sa che cosa non va, ma non lo si vuole mettere a posto. Ci lamentiamo, pensiamo di essere i più bravi. Ma alla fine sono gli altri ad andare avanti. Noi restiamo sempre lì, fermi".