Ieri sera ho sognato ad occhi aperti

11-05-2017 18:30 36 C.

Una serata d’altri tempi.

Città Alta.
Sono bergamasco Doc, ma a dire il vero ci sono stato non molte volte, e quasi sempre per una toccata e fuga.
Una sola volta di sera, per una cena tra amici.
Questa sera invece è tutto così diverso, si respira un’aria quasi solenne.
Oggi è successo qualcosa di straordinario, lo stadio, l’Europa, il mister, l’inno.. viverlo in prima persona è qualcosa che mi scuote
ed emoziona davvero.

Città alta, di sera, mi fa ricordare di quando ero lontano da Bergamo e ad ogni persona che incontravo
ne decantavo le bellezze, i pregi, ed i miei occhi erano lo specchio dell’orgoglio che ognuno di noi sente
quando si parla dei vicoli atalantini de Sità Olta.

Arrivo alle 20 e subito sono all’entrata del Teatro, mai visto prima se non in foto.
E mentre sono in coda per entrare vedo giovani, vecchi, bambini, donne e uomini lì con me, tutti consapevoli
di ciò che stiamo vivendo.

Vado in Piazza Vecchia.
Il Presidente è fuori dal ristorante che chiacchiera con suo figlio, mentre all’interno la squadra sta finendo
di cenare. Posso intravedere i nostri Eroi del 2017 (come si scriverà negli albi di storia atalantina tra 50 anni)
mentre ridono e scherzano, mentre nell’altra stanza c’è il resto della dirigenza.
Tutti elegantissimi per l’occasione.

Un gruppetto di ragazzi si avvicina al vetro dove si può scorgere il Papu, e richiamando la sua attenzione, gli ballano
la Papu Dance ottenendo gesti di approvazione dal campione, che poi uscito dal ristorante farà sorridere
tutti con il suo “Buonasera gente”, che mi ricorda un po’ quei presentatori in stile Burlesque,

quelli che tra un sorriso e un inchino, devono rallegrare i paganti in ogni modo possibile.

E lo fa, il Papu, lo fa bene. Da un anno intero è ormai sulla bocca di tutti.
Per i gol, per le giocate, per la danza, per le fasce da capitano, per la beneficenza…lui incarna appieno
lo spirito atalantino che quest’anno si è impossessato di tutti noi.
Non so in quali altre annate avremmo potuto sorridere di un 7-1 patito da una squadra ridicola come si è dimostrata
quella interista (eh…..Gaglia….cosa ti stai perdendo!!).

E ora il Papu è qui, a due metri da me insieme a tutti gli altri, alcuni veramente giovani che quasi non li riconosci.
Altri come Kessie, che sembra per fisico e portamento, un giocatore di quelli da almanacco, prestatoci per una stagione
da chissà quale squadra superblasonata. E invece ce l’abbiamo noi, ed è anche sua la firma su questa stagione da urlo.

Vorrei fermare il tempo, ma è il momento di entrare e accodandomi alla squadra entriamo in teatro, sono già quasi tutti seduti,
e una volta preso il mio posto non posso far altro che meravigliarmi di tanta bellezza.
La storia, quella vera, si respira in ogni angolo. E’ un concentrato di bellezza, di arte, il tutto apostrofato da dei proiettori
che stampano il logo atalantino e le strisce neroblu sui balconcini, che sembrano così ancora più belli.

Inizia lo spettacolo, e subito una giovane Atalanta corre dentro al nostro stadio, col suo arco e le frecce mentre una voce narra la storia,
quella mitologica, della ragazza che ha dato il nome alla nostra Dea.
Lo stadio diventa un bosco, un prato, così come tutta la città di Bergamo che viene ricoperta di verde. Ogni palazzo, ogni strada, diventa
natura.
A ruota si susseguono immagini, ballerini che dietro il telo disegnano con la loro ombra animali prima e uomini dopo.
Tra un omaggio al Donizetti, e uno a Olmi con uno spezzone de “L’albero degli zoccoli”, la serata è piacevole e quasi sacra, quando
a omaggiare le nostre orecchie è l’Atalanthem Symphony Orchestra, con i suoi Violini, Viola, Violoncello e Timpani che mi
riportano ad un’altra epoca.

Ora I danzatori dietro impersonificano un padre e una madre, nel segno dell’atalantinità, indossando al pargolo appena nato una
delle intuizioni più felici del nostro presidente.
Atalantini nati.

Li conoscevo, per fama, i Piccoli Musici di Casazza. Ma appena intonano “The sound of silence” e il “Nessun Dorma” di Puccini,
un brivido corre lungo la schiena e il connubio tra musica, arte e Atalanta mi fa godere del momento,
come se null’altro in quell’istante contasse di più.

Ora Atalanta corre, per le vie di Bergamo, trasformandosi in un ragazzino che lascia volare libera la sua mente,
mentre impara suonando i tasti di un pianoforte a comporre quello che sarà l’inno atalantino.
I Ballerini , o meglio le loro ombre, sinuosi fanno da cornice reggendo tra le mani note musicali,
e il bambino corre, alla ricerca di un posto e un di pubblico che possa apprezzare il suo lavoro.
Ed eccolo che per le vie di Città Alta cerca qualcuno in grado di dare corpo alla sua idea, e lo trova, bussando alla porta del teatro
e portando al direttore d’orchestra in sala, lo spartito dell’Atalanthem.

Ora Orchestra e cori si fondono insieme, mentre tutti in silenzio ascoltano incuriositi.
L’idea è innovativa, il testo, che si potrà leggere sullo schermo al bis del pezzo, è sicuramente interessante
e rispecchia al massimo quello che è lo spirito bergamasco atalantino.
Di padre in figlio, atalantini dalla nascita, per un’Atalanta che non molla mai e che si rialza dopo ogni botta ricevuta.
Ed è questa, a tutti gli effetti, la storia atalantina.

Di botte, negli ultimi anni ne abbiamo prese tante, ed ora, liberi come dei ragazzini coi propri sogni in mano,
possiamo finalmente permetterci di correre, abbracciati dalle nostre mura.

L’Atalanta è arte, e noi, spettatori grati di una storia che si sta scrivendo.

 

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By Staff di Atalantini.com


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