La Savoldata: L’Atalanta gioca un calcio moderno ma con i principi tradizionali. Gasperini ha unito due epoche.

02-12-2019 15:50 14 C.

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L’Atalanta gioca un calcio moderno ma con i principi tradizionali. Gasperini ha unito due epoche.

Sono di Bergamo, tifoso da sempre dell’Atalanta e, a prescindere da questo, sono un estimatore di Gasperini con cui ho avuto la fortuna di lavorare in passato.
Negli ultimi anni sono tempestato da chiamate e messaggi da parte di colleghi (ex giocatori e mister) e non solo; tutti vogliono capire i segreti di Gasperini e di questa Atalanta. Mi chiedono se ho la possibilità di andare a vedere qualche allenamento a porte chiuse, oppure mi fanno domande sui principi e la metodologia che danno forma a uno stile di gioco più unico che raro.
L’argomento è dibattutto anche tra tecnici molto esperti e padroni della materia calcistica.
La scorsa settimana per esempio ho raggiunto in aula il mio mentore, un grande formatore del Settore Tecnico con il quale sto lavorando su un progetto molto interessante. Sono entrato a lezione finita perché non lo vedevo uscire e sapevo di sorprenderlo in qualche show dei suoi con la maggior parte degli allievi rimasti ad ascoltarlo a bocca aperta. È stata un sorpresa anche per me in quanto tra i corsisti ho notato un mio ex compagno attualmente in forza al Brescia, guarda caso anche lui cresciuto con Gasperini: Daniele Gastaldello. Inutile dirvi di cosa stavano discutendo e di cosa abbiamo parlato poi tutti insieme.

Premetto che personalmente non trovo tutto questo bisogno di classificare o di definire il modello di gioco di questa Atalanta perchè sono convinto che se di segreto si può parlare è solo per il fatto che certe idee, certe espressioni di gioco nascano spontanee lavorando e solo nella pratica esista la possibilità di fondare un modello di calcio.
Cerco però di fare chiarezza sull’argomento un po’ per approfondimento per i meno pratici e un po’ per sfatare alcune leggende metropolitane che sono nate su questa realtà calcistica.

Perchè si dice che l’Atalanta marca a uomo anche se il difendente non marca sempre lo stesso uomo?

La “zona” è uno sviluppo di tattica collettiva secondo la quale il giocatore ha la responsabilità della zona di campo assegnata, dell’avversario che vi entra e che dovrà marcare, della collaborazione con le zone vicine (coperture, scalate). Nella zona ci si muove secondo quattro parametri (principio del segno della croce): palla, porta, compagno, avversario.
Nella difesa a “zona di reparto” (Sarri, Giampaolo per intenderci), tutti i componenti della linea hanno gli stessi punti di riferimento, cioè nell’ordine: palla, porta, compagni, avversari. Quindi si utilizzano molto la difesa degli spazi in zona palla, cioè le coperture.
Nella difesa “a uomo nella zona”, i componenti della linea distanti dalla palla, coprono meno gli spazi dei compagni e marcano l’uomo nella loro zona di competenza; questi come riferimenti hanno in ordine: palla, porta, avversari e compagni.
Il modo di difendere dell’Atalanta corrisponde di più alla classica definizione di “uomo nella zona” che però riguarda solo il reparto di difesa. La fase difensiva dell’Atalanta è infatti caratterizzata da una ricerca individuale degli appoggi per cui spesso a bocce ferme ci sono marcature ben definite. Quando dico “a bocce ferme” non intendo solo le situazioni di palla inattiva (nello specifico la rimessa dal fondo) ma anche quelle situazioni a gioco in corso in cui c’è il tempo di ripristinare lo schieramento predefinito.
In questi casi, come Pasalic su Pjanic nella partita in casa con la Juventus, si tratta di un’evidente scelta predefinita legata alle caratteristiche dei giocatori. Non vuol dire marcare a uomo in assoluto. Vuol dire scegliere in funzione dell’avversario il giocatore più adatto, non solo a contrastare ma anche a ripartire in una zona specifica, una volta riconquistato il possesso.
Spesso infatti è accade che Pasalic (o Gomez) partendo da quella posizione siano micidiali nell’inserimento.
Non rientrando nei canoni che conosciamo è difficile dare una definizione dello sviluppo di tattica collettiva difensiva della squadra di Gasperini.
Possiamo dire che è una disposizione di marcatura di zona che non viene mantenuta rigida, come quelle sopracitate, ma che spesso tende e rompere la linea e a giocare l’1vs1.
In questo senso ho detto che Gasperini viene considerato un “eretico” dagli “accademici”, che reputano dogmi ciò che loro conoscono, in cui stanno più “comodi”: il principio del sovrannumero, l’elastico difensivo della linea che non si rompe mai fino alla lunetta, il marcamento dello spazio e non dell’avversario (su cui si reagisce solo nel momento in cui entra in possesso).
Ogni allenatore è giusto che utilizzi i mezzi in cui crede di più, ma non dovrebbe mai smettere di mettere in discussione il proprio credo, perdere il senso critico. Certo è più difficile uscire dalla zona di comfort ma questa può diventare la “morte” di un allenatore. Non a caso il Gasp a differenza di altri è nel giro ormai da moltissimi anni.
Io penso che l’Atalanta non debba moderare questa mentalità solo per il rischio di subire qualche gol in più della media e non lo penso solo per i grandi vantaggi che questa aggressività porta nello sviluppo della fase di possesso.
Paradossalmente l’Atalanta potrebbe estremizzare ancor di più questo concetto anche nella zona più vicina alla porta e migliorare ancora la fase difensiva.
Io credo che l’utilizzo della zona, del collettivo quando unito a questi attacchi all’uomo come nel passato, questa ricerca dell’ 1vs1 soprattutto dalla metà campo in su, rappresentino un calcio futuristico in un momento in cui le altre squadre non propongono nulla di nuovo.
Vi dirò di più: mi aspetto presto il rientro in scena di qualche altro dogma del passato, come per esempio il “libero”.
Un ritorno come è la stessa “zona” che, anche se molti non lo sanno, non è altro che un ritorno dal passato.

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Gianluca Savoldi

 

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